Ancora sull'equipollenza tra posta certificata e raccomandata postale con ricevuta di ritorno

Ancora sull'equipollenza tra posta certificata e raccomandata postale con ricevuta di ritorno

In un precedente articolo sui questo forum ho affermato che, a mio modo di vedere una costituzione in mora ex art. 1219 c.c. (che notoriamente richiede la forma scritta) può essere validamente inviata via PEC, anche in assenza di sottoscrizione digitale del creditore o del suo procuratore.  Ho indicato, quale riferimento normativo, l’art. 48, comma 2, del CAD, che sancisce il principio di equivalenza della p.e.c. alla raccomandata con ricevuta di ritorno “nei casi consentiti dalla legge”  (ovviamente, a condizione che anche il destinatario sia titolare di una casella di posta certificata, ex art. 2 lett. B) DPR 68/2005).
Ho testualmente affermato, a conferma della mia tesi: «Che tale conclusione sia tendenzialmente esatta è confermato anche dal contenuto della Circ. Min 2/2010 DDI della PCM, nella quale si afferma (per quanto con discutibile esattezza sul piano concettuale)  che  l’invio di posta certificata “costituisce sottoscrizione elettronica ai sensi delle disposizioni normative”».
Il Collega Luca Sileni ha invece sostenuto (in altro “luogo digitale”) che tale tesi è a suo modo di vedere errata, dacché la Circ. 2/2010 si riferisce “ad un tipo particolare di PEC la c.d. “pec al cittadino” che ha un particolare valore nel momento in cui è indirizzata ad una PEC della PA, si parla in tal caso di ID Pec e di sottoscrizione con valore di firma elettronica qualificata”. Conclude il Collega affermando che “Per fare una messa in mora degna di questo nome, invece, dovrà redigere una lettera in word, salvarla in pdf e poi firmarla digitalmente finendo poi per allegarla al messaggio di PEC. In quest’ultimo caso avrà analogo valore della raccomandata”.
Ho qualche obiezione su tale rispettabile argomentazione. La prima (e fondamentale) è che essa non muove da alcun dato normativo, perché non è assolutamente spiegato quale sia la fonte normativa di siffatto forte formalismo (word, pdf, firma digitale)  che sarebbe richiesto per la messa in mora. Il richiamo (esemplificativo: “tendenzialmente”) alla Circ. Min. 2/2010 non sarà stato dei più felici, ma le mie conclusioni francamente restano le stesse.
Ed allora cercherò di spiegarmi meglio: per punti e con ragionamento quasi sillogistico.
Per l’art. 3 DPR 68/2005: “Il documento informatico trasmesso per via telematica si intende spedito dal mittente se inviato al proprio gestore, e si intende consegnato al destinatario se reso disponibile all’indirizzo elettronico da questi dichiarato, nella casella di posta elettronica del destinatario messa a disposizione dal gestore”.
La busta di trasporto (ovvero il messaggio creato dal server smtps utilizzato dal mittente per l’invio che contiene il Messaggio originale inviato dall’utente e i Dati di certificazione) reca sempre la firma digitale del gestore.
Il mittente, nel caso discusso nel precedente articolo (avvocato) ha la propria pec iscritta nel Reginde (ma potrebbe essere anche un’impresa ed avere la pec iscritta in Inipec o al Registro Imprese), e quindi la sua riconducibilità alla casella di posta certificata “mittente” è certa.
E’ pacifico in giurisprudenza che la costituzione in mora è atto giuridico in senso stretto e che  la forma scritta richiesta per il suo compimento ex art. 1219, comma 1, c.c. non si estende alla relativa procura (Cass. 3 dicembre 2002, n. 7923; Cass. 12 ottobre 1998 n. 10090; Cass. 17 luglio 1997 n. 6556; Cass. 16 agosto 1993 n. 8711; Cass. 4 febbraio 1993 n. 1359; Cass. 15 luglio 1987 n. 6245; Cass. 10 aprile 1987 n. 3577; Cass. 14 novembre 1984 n. 5762; Cass. 19 dicembre 1980 n. 6568; Cass. 24 febbraio 1978 n. 959; Cass. 9 luglio 1976 n. 2640).
Ne consegue, a mio modesto avviso, che la p.e.c. non solo è equipollente alla raccomandata (rispetto alla quale, anzi, offre maggiore certezza riguardo al “contenuto”, dacché questo è certificato nella ricevuta di avvenuta consegna, mentre la raccomandata postale certifica il solo “contenitore”), ma conferisce  garanzie relative alla provenienza del messaggio da poter essere adoperata ai sensi dell’art. 1219 c.c. anche senza che al messaggio stesso ovvero all’eventuale allegato sia apposta la firma digitale del mittente.
Si tratta del medesimo principio espresso in passato, con riferimento al problema della “sottoscrizione” del telegramma, da Cassazione civile   sez. lav.  09 novembre 2006   n. 23882,  secondo cui “Ai sensi dell’art. 2705 c.c., ai fini della efficacia del telegramma, è sufficiente che l’originale sia consegnato o fatto consegnare dal mittente, anche senza che questi lo sottoscriva, sicché l’utilizzazione del servizio telefonico, prevista dal codice postale, consente al mittente, autore della comunicazione, di ottenere, sia pure con la collaborazione di terzi, il recapito del proprio messaggio all’ufficio telegrafico. Tuttavia, ove sorga contestazione circa la riferibilità del telegramma al mittente, questi ha la facoltà e l’onere di provare, con ogni mezzo di prova, che l’affidamento all’ufficio incaricato di trasmetterlo è avvenuto a sua opera o su sua iniziativa.”
Ovviamente, ciò non toglie che si possa apporre (come mera cautela e non come obbligo formale) anche la firma digitale allo stesso messaggio p.e.c. od all’allegato.
Colgo l’occasione per fare il punto sull’inciso “nei casi consentiti dalla legge” contenuto nell’art. 48 del CAD. A mio modo di vedere si tratta di clausola riferibile contestualmente al principio di libertà per gli individui «tutto ciò che non è espressamente vietato è (dalla legge) implicitamente permesso» ed al principio di legalità, valido per la  Pubblica Amministrazione  «tutto ciò che non è (dalla legge) espressamente autorizzato è (dalla legge) implicitamente vietato».   Ciò vuol dire che, nei rapporti tra privati, laddove la Legge prevede la forma della raccomandata con ricevuta di ritorno, può essere adoperata la PEC. Nei rapporti tra P.A. e cittadino, invece, la PEC può essere adoperata solo laddove la legge preveda tale forma di comunicazione.

robertoarcella

13 commenti

Luca sileni Scritto il21:16 - 15 Giugno 2014

La cosa e’ stata in realtà ampiamente dibattuta e la mia tesi e’ sostenuta anche da esperti della materia, quale il Collega Nicola Gargano. Da un punto di vista strettamente interpretativo comprendo e condivido alcuni assunti del Collega Arcella, ma da un punto di vista strettamente normativo la PEC conferisce unicamente certezza di invio (da un determinato indirizzo) e di ricezione (sempre da parte di un determinato indirizzo) e data certa – opponibile ai terzi – a detto invio e ricezione. Non conferisce però alcuna attribuzione di paternità al contenuto della PEC stessa che quindi, per essere in tutto e per tutto accomunata ad una raccomandata, dovrà contenere un documento munito di firma digitale. Ciò è dimostrato, oltretutto, dalle recenti modifiche apportate al CAD stesso che, proprio al fine di permettere l’invio di PEC con attribuzione di paternità ha visto l’introduzione della c.d. Firma elettronica avanzata che, quale sub species della firma elettronica qualificata, fornisce piena attribuzione di paternità – opponibile ai terzi – qualora però la PEC mittente sia una così detta ID PEC e la PEC ricevente appartenga alla pubblica amministrazione. Autorevoli studiosi di informatica giuridica hanno quindi sostenuto che, in mancanza dei requisiti suddetti, un messaggio inviato da PEC a PEC senza alcun tipo di firma digitale avrà unicamente il valore di firma elettronica c.d. “Semplice” e quindi – secondo il Cad – liberamente valutabile da Giudice

    Luca sileni Scritto il21:21 - 15 Giugno 2014

    Mi scuso, nel testo precedente ho invertito avanzata e qualificata, il COllega Arcella mi scuserà 😉 ma la stanchezza si fa spesso sentire

Luca Sileni Scritto il21:44 - 15 Giugno 2014

All’epoca i miei 2cent li espressi quihttp://processociviletele.blogspot.it/2014/02/i-mille-usi-della-posta-elettronica.html

Nicola Lomonte Scritto il09:53 - 2 Luglio 2014

Personalmente condivido la tesi del Collega Sileni sulla base delle seguenti considerazioni. Un messaggio pec privo di firma elettronica avanzata (unico strumento che oggi consente di attribuire piena prova della paternità di un documento al suo firmatario) deve considerarsi dotato di firma elettronica “semplice” e, come tale, liberamente valutabile in giudizio. Nell’articolo si parte dall’esame di una costituzione in mora. Si pensi, invece, ad un riconoscimento di debito contenuto in un messaggio pec. Possiamo davvero attribuirgli piena efficacia probatoria in assenza di una firma elettronica avanzata?

Giorgio Scritto il15:58 - 18 Dicembre 2014

Ci provo: messa in mora via PEC, pdf testo firmato digitalmente in formato .p7m, senza alcuna “dicitura” sul foglio aggiunta in automatico dalla firma, se non la mia menzione in chiusura della lettera.
Ricorso per decreto ingiuntivo avanti al GdP, a cui devo allegare la messa in mora (e fin qui pochi problemi, attestando la conformità del tutto).
Probabile opposizione, meramente dilatoria: nella ipotesi in cui mi venga contestata l’autenticità della lettera di messa in mora, come fare a provare l’apposizione della firma digitale alla lettera recapitata via PEC?
L’eccezione sarà in ogni caso superata dalla attestazione di conformità (a sua volta superabile solo con querela di falso)?
Che non sia in questo caso meglio un pdf immagine con firma autografa scansionata e poi il tutto firmato digitalmente??

robertoarcella Scritto il06:42 - 19 Dicembre 2014

In ordine alla “stampa” di una pec che non sia di notifica ex L. 53/94 non puoi attestare un bel nulla. Che il processo davanti al GdP non sia telematico non significa che davanti a questi Giudici non si applichi il CAD. In caso di contestazioni, quindi, puoi produrre un CD/DVD con i tuoi files firmati digitalmente ed il Giudice può verificarli sul suo pc

Daniele Moioli Scritto il16:13 - 4 Settembre 2015

Buongiorno a tutti.
Ma – sempre che abbia ben inteso le perplessità dei Colleghi che ritengono necessaria la firma digitale per salvare l’efficacia della messa in mora – il problema potrebbe superarsi agevolmente allegando alla p.e.c. la scansione di una lettera sottoscritta di pugno.
In una simile ipotesi infatti:
a) la PEC vale a garantire la certezza dell’invio, della ricezione e la data certa;
b) la paternità del contenuto la affermo io stesso nel momento in cui vado a rivendicarla in giudizio (esattamente come faccio quando produco la copia di una raccomandata che ho spedito).
Cosa dovrebbe eccepirmi il destinatario? Che mi avvalgo di una missiva redatta da altri? E foss’anche? Il disconoscimento, ai sensi del 214 c.p.c., è un istituto previsto a tutela di colui a cui al quale la firma è attribuita, non certo dell’altra parte…
In altri termini, se metto in mora un’assicurazione inviandole via p.e.c. un pdf che riproduce la mia sottoscrizione, che cosa mi potrebbe contestare?
E’ provato che il file è stato inviato e ricevuto, la data e l’ora della ricezione, e io riconosco come proveniente da me il suo contenuto…

    Massimo Salomoni Scritto il09:00 - 26 Novembre 2015

    Esattamente quello che pensavo io…non dico per la sottoscrizione di contratti immobiliari, ma per una notifica, una disdetta di servizi telefonici ecc, dovrebbe bastare. Se contestano l’autenticità al mittente questi può esibire l’originale e confermare di essere stato lui ad inviare il messaggio pec.

Lu Cap Scritto il21:03 - 3 Novembre 2016

Buonasera,
se non rinnoviamo la casella pec e decidiamo di cambiare gestore cosa accade delle pec inviate in precedenza e salvate in thunderpec? Sono opponibili a terzi?
Il problema me lo pongo per le messe in mora e per gli atti interruttivi della prescrizione.
Se le pec le ho inviate senza firma digitale ma allegando semplicemente un file su cui ho scansionato in pdf la messa in mora con la firma cartacea (mi riferisco ad atti del 2013) e riportando nel corpo della pec il contenuto dell’allegato posso stare tranquilla?
Le messe in mora sono state inviate alla PA ed alle compagnie di assicurazioni

    robertoarcella Scritto il06:12 - 4 Novembre 2016

    La validità dei certificati con cui sono firmate le buste di trasporto e le ricevute pec non viene influenzata da un eventuale cambio di gestore. Diversamente, il destinatario di una pec, che abbia gestore diverso dal mittente, non potrebbe verificare la validità della firma apposta ai messaggi che riceve

      Lu Cap Scritto il12:23 - 4 Novembre 2016

      Grazie Roberto.
      Passerò da Giuffré ad Aruba.
      Cambierò anche l’indirizzo PEC comunicandolo tempestivamente al Consiglio dell’Ordine che provvederà ad aggiornare il mio indirizzo sul Reginde.
      Intanto le messe in mora sottoscritte con firma digitale ed inviate a mezzo pec le ho salvate sul pc e su una penna. Potrebbero servirmi nel caso debba attivare una procedura monitoria.
      Grazie ancora per lo splendido corso che hai tenuto al Terminus il 12 ottobre.

stefano plombella Scritto il20:28 - 11 Aprile 2018

Buonasera Egr. Collega.
Nel caso in cui alla lettera di messa in mora, inviata a mezzo pec e firmata digitalmente, vadano allegati dei documenti, questi in che formato posso inviarli? devono essere autenticati? e se si come?
grazie anticipatamente

Federico Scritto il13:21 - 15 Ottobre 2018

Buongiorno a tutti, chiedo il vostro ausilio esegetico.
Qual è, secondo voi, la differenza tra queste tre forme di invio di una diffida o contratto:
1) Diffida (o contratto) inviata come allegato PEC, in copia per immagine di un originale analogico con firma autografa (scansione PDF);
2) Diffida (o contratto) inviata come allegato PEC, in PDF nativo con firma digitale;
3) Diffida (o contratto) inviata come corpo della PEC (non in allegato).
Grazie molte per i vostri preziosi spunti.

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