D.: Caso: Deposito telematico di ricorso per decreto ingiuntivo; finora la procura veniva sottoscritta dal cliente e dal legale per autentica + poi scansionata come pdf + firmata digitalmente + inserita nella busta telematica. Nonostante siano passati già 4 mesi da febbraio (dall’entrata in vigore del decreto relativo anche alle copie informatiche) nessuno in cancelleria o tra giudici ha finora sollevato problemi sulle procure così allegate; tuttavia ora è sorto il “dubbio” ad alcuni colleghi che tale modalità sia scorretta – alla luce del dpcm da febbraio 2015 – e quindi tutte le procure allegate ai ricorsi telematici sarebbero “inutilizzabili” ai fini dell’emissione ( non riportando il riferimento temporale e l’hash e la certificazione di conformità ), e quindi in buona sostanza i decreti ingiuntivi nulli.
Altri colleghi sostengono che il riferimento temporale e l’impronta hash della copia informatica ( della procura cartacea) non servano nel caso specifico in quanto sono previsti sono da menzionare quando si esegue una notifica in proprio a mezzo Pec.
Altri infine sostengono che l’avvocato non è pubblico ufficiale ( come il notaio e/o cancelliere) e quindi nel caso specifico non può rilasciare una certificazione di conformità della procura certificando che la conformità della copia informatica alla procura cartacea scansionata.
Purtroppo dal tribunale non è arrivata nessuna risposta univoca/comprensibile.
Tu cosa ne pensi?
R: E’ un falso problema.
In linea generale, la procura va notificata assieme all’atto cui accede solo ai fini della certezza della data (ex art. 2704 cc) che, per l’art. 1 L. 53/94, deve essere anteriore alla notificazione (“avvocato munito di procura”): se la procura è già allegata al fascicolo monitorio (e per tale ragione preesiste ovviamente alla notifica del decreto) tale esigenza viene meno.
Né vi sarebbe ragione per ritenere che la procura depositata telematicamente vada notificata unitamente all’atto “in calce” al quale è rilasciata onde notificare all’ingiunto un atto esattamente corrispondente all’originale (la “corrispondenza del contenuto della copia” di cui parla l’art. 6 dpcm 13/11/14), dacché la stesura “in calce” della procura telematica è ottenuta mediante la fictio dell’allegazione della procura stessa alla medesima busta di deposito: in altri termini, la fisica separazione dei due documenti, uniti solo attraverso la congiunzione “elettronica” della busta di deposito non vale a costituire una situazione analoga a quella della procura cartacea in calce all’atto cartaceo. In ogni caso, non vi sarebbe vizio processuale alcuno, a mio modo di vedere, dacché la procura esiste e si trova comunque nel fascicolo informatico del Tribunale.
Qualsiasi documento informatico, poi, ha una sua propria impronta (che deriva da un mero calcolo) ed ovviamente può anche indicato un riferimento temporale per ciascun documento: non capisco cosa significhi che ” le procure allegate ai ricorsi telematici sarebbero “inutilizzabili” ai fini dell’emissione ( non riportando il riferimento temporale e l’hash e la certificazione di conformità) “.
Se proprio ci tieni ad indicare nella relata impronta e riferimento temporale puoi quindi farlo tranquillamente: l’impronta serve infatti solo a “collegare” l’attestazione di conformità con il documento, ed a null’altro. Aggiungo peraltro che il DL 83/2015 al riguardo, ha precisato che che, ai fini del collegamento univoco del documento digitale con la relativa attestazione di conformità, siano in quest’ultima indicati i “dati essenziali per individuare univocamente la copia a cui si riferisce” (quindi, per esempio, anche una sommaria descrizione del contenuto della procura), con buona pace di impronta hash e riferimento temporale.
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