Tra le numerose modifiche intervenute per effetto dell’entrata in vigore della riforma della Giustizia Civile “Cartabia” va segnalata anche la nuova formulazione dell’art. 492-bis c.p.c..
Dunque, nei casi ordinari, non è più possibile rivolgersi al Tribunale con l’istanza di autorizzazione che l’avvocato depositava fino a 28 febbraio scorso.
L’unica ipotesi in cui va rivolta un’istanza al Tribunale è quella che riguarda l’ipotesi di richiesta di esecuzione che debba aver luogo prima della notificazione del precetto, con esenzione, quindi, dal rispetto del termine ex art. 482 c.p.c.. In siffatta ipotesi, «se vi è pericolo nel ritardo, il presidente del tribunale del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede, su istanza del creditore, autorizza la ricerca telematica dei beni da pignorare». La norma prosegue, al terzo comma, precisando che «dalla proposizione dell’istanza di cui al primo e al secondo comma, il termine di cui all’articolo 481, primo comma, è sospeso fino alla comunicazione dell’ufficiale giudiziario di non aver eseguito le ricerche per mancanza dei presupposti o al rigetto da parte del presidente del tribunale dell’istanza ovvero fino alla comunicazione del processo verbale di cui al quarto comma».
Il problema pratico si pone in quanto, stante la ristrettezza dei tempi imposta dall’anticipazione dell’entrata in vigore della riforma, il Ministero della Giustizia non è riuscito a predisporre i necessari strumenti informatici per consentire agli Ufficiali giudiziari i collegamenti con l’anagrafe tributaria. Per di più, alcuni colleghi, evidentemente ravvisando in tale impedimento un (falso) presupposto per riproporre la “vecchia” istanza, invero non più prevista dal nuovo 492-bis c.p.c..
Ciò non significa, però, che fino alla realizzazione degli strumenti informatici per l’accesso alle banche dati l’avvocato del creditore non possa più ottenere le informazioni che gli necessitano dall’anagrafe tributaria. Sovviene allo scopo la norma contenuta nell’art. 155-quinquies disp. att. c.p.c., secondo la quale «Se è proposta istanza ai sensi dell’articolo 492-bis del codice, quando le strutture tecnologiche, necessarie a consentire l’accesso diretto da parte dell’ufficiale giudiziario alle banche dati di cui al quarto comma del medesimo articolo e a quelle individuate con il decreto di cui all’articolo 155-quater, primo comma, non sono funzionanti, l’ufficiale giudiziario attesta che l’accesso diretto alle suddette banche dati non è attuabile». La norma prosegue, poi, precisando al comma 2 che «L’istante con l’attestazione di cui al primo comma o con l’autorizzazione del presidente del tribunale ai sensi dell’articolo 492-bis, secondo comma, del codice, ove necessaria, può ottenere dai gestori delle banche dati previste dal predetto articolo e dall’articolo 155-quater le informazioni nelle stesse contenute».
Ciò significa che l’avvocato non deve più depositare, dal 1° marzo scorso, l’istanza di autorizzazione dinanzi al Tribunale, ma dovrà solo redigere un’istanza rivolta all’Ufficiale giudiziario contenente le indicazioni di cui all’art. 492-bis, co. 1, c.p.c. e presentarla all’ufficiale giudiziario unitamente al titolo esecutivo ed all’atto di precetto, rispetto al quale dovrà essere ovviamente decorso il termine dilatorio di dieci giorni. In siffatta ipotesi, l’Ufficiale giudiziario rilascerà semplicemente l’attestazione di mancato funzionamento delle strutture tecnologiche idonee a consentirgli l’accesso diretto alle banche dati e, munito di quell’attestazione, l’avvocato del creditore potrà ottenere le informazioni necessarie.
Quando si voglia iniziare, invece, l’esecuzione prima della notifica del precetto, l’istanza rivolta all’Ufficiale Giudiziario andrà corredata anche della previa autorizzazione del Tribunale ex art. 482 c.p.c.
Si ricorda, infine, che per espressa previsione normativa contenuta nell’art. 155-quater, co. 4, disp. att. c.p.c., «L’accesso da parte dell’ufficiale giudiziario alle banche dati di cui all’articolo 492-bis del codice e a quelle individuate con il decreto di cui al primo comma è gratuito»: dal che si dovrebbe poter desumere che, non essendo riconducibile alle parti la mancata predisposizione dei sistemi informatici, altrettanto gratuita dovrebbe essere l’attività di certificazione da parte dell’UNEP.
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